Si cambia di nuovo. La Darsena di Ferrara è ora (lo sarà per anni?) la casa di Ferrara Sotto le Stelle, alla sua edizione numero ventisei. Nella sua lunga storia il festival ha toccato diversi luoghi della città e ora si trova al centro di un progetto di riqualificazione urbana, dove quel fiume che fragilmente attraversa la città senza esserne protagonista (non è il Tamigi, non è la Senna, nemmeno l’Arno a Firenze) ora è sfondo e retta parallela del nuovo spazio del festival.
L’anno scorso l’area sotto il palco appariva estendersi in larghezza, al Parco Massari, quest’anno pare invece essere uno spazio in lunghezza, più stretto magari, più esteso, volendo, da sinistra a destra, da percorrere, vivere, annusare. Come se l’umanità si fosse di nuovo abituata a ritrovarsi vicina, invece che assumere forme di dispersione organizzata per non toccarsi mai.
Se la prima sera appariva la coda della scorsa edizione, con Venerus a recuperare, in sostanza, la data saltata lo scorso anno per maltempo, la seconda appare una data zero, come dichiara lo stesso Cosmo, dopo tre date preparatorie lo scorso aprile a Bologna, per quella “prima festa dell’amore” che aveva portato l’artista sotto i riflettori nei lunghi mesi in cui la musica dal vivo in Italia sembrava non poter ripartire.
Un paio di minuti dopo le ventidue inizia la festa, in una area sotto il palco sufficientemente piena di anime arrivate con il desiderio di ballare. Ecco, questo è l’argomento centrale del live e il centro del discorso: quello di Cosmo è un concerto che nasce per essere cantato, per la mano al cielo, per le gambe ad attendere il momento in cui esplode la cassa dritta e tutto diventa una gioiosa festa elettronica.
Dove, pur senza enormi sussulti emotivi, può capitare di vedere volare verso il pubblico cartoni di pizza che si aprono (sarà per via del verso di uno dei suoi pezzi: festival, polizia, pizzeria) , di osservare la scomparsa di magliette e canottiere dal palco che lasciano spazio alla pelle nuda, di leggere sulle labbra del pubblico rapito inni essenziali quanto riusciti (la verità è che ci piace stare bene / la verità è che ci piace stare insieme / così). Soprattutto, muovendosi a lato, dentro, a fianco, lontano dal pubblico, appare chiara la connessione centrale tra artista e pubblico verso un preciso scopo: la voglia di celebrare la gioia.
Che poi, volendo Cosmo avrebbe la penna per scrivere piccole hit di qualità superiore a certa mediocrità pop da classifica italiana, solo che questo rimane un pò nascosto durante il concerto, ma forse è chi scrive, a bramare emozioni più intense e durature, slegate dalla sola ritmica. Quello che conta è il linguaggio di Cosmo e del suo popolo, quello di Animali, un inno al dissolvere la propria rete di protezione dal giudizio altrui. Quello dell’inno all’amore: “ho voglia di ballare, ho voglia di capire / a che punto questo corpo può arrivare / fino a quando riusciremo a non dormire, a non morire” e funziona per centinaia, forse un migliaio di persone.
È stata una festa, e come diceva qualcuno che sarà in consolle domenica prima de La Rappresentante di Lista, dopo una lunga giornata di lavoro, dopo un periodo di chiusure e distanze emotive, dopo tutto quello che siamo oggi, in un mondo dal futuro incerto, ci sta, ci sta eccome: cassa dritta, dunque, e gioia di vivere assieme a corpi che ballano vicini, senza pensare a troppo altro.
Fa sorridere, poi, che uno dei momenti di chiusura del concerto, una delle vere hit cantate e ballate a squarciagola da tutti, reciti “Sei la mia città, fuori dal centro / sei la mia città, è un complimento sei la mia città, ti sento dentro /e quando tornerò, qualcosa cambierà” : è una nuova stagione per Ferrara Sotto le Stelle, che sta mutando, di nuovo e soprattutto esiste, resiste.
E forse Cosmo lo sapeva, tanto da avere lasciato tutti contenti.