Quello di Venerus non è un concerto.
Potrebbe essere definito un rito, forse un viaggio, un’esperienza; la colonna sonora di una vita, di uno strano pianeta, di un film. Quello di Venerus è un regalo, un momento unico di condivisione, una sospensione del tempo.
Un anno di attesa, per i fedelissimi di Ferrara Sotto Le Stelle che lo scorso luglio si sono visti passare davanti il bellissimo fantasma di un concerto mai concretizzato. La pioggia ha voluto aumentare le nostre aspettative, ha voluto far crescere curiosità ed entusiasmo, e non ha fatto poi così male… perché quando Andrea Venerus e compagni muovono il loro primo passo sul palco, il boato è forte e liberatorio qui sulla nostra nuovissima Darsena ferrarese.
In mano un ramo di palma a testa, coperti da lenzuoli bianchi rivisitati e guidati da un Venerus in stile Rapa Nui, i nostri beniamini ci accolgono nel loro tempio musicale. Qui le colonne sono ferrose americane, i capitelli casse e teste rotanti, l’altare un pianoforte, e all’altare si siede Venerus.
Saliamo veloci su questo traghetto colorato. Si parte dalla Darsena di Ferrara e, passando per l’Isola di Pasqua, dopo un primo tuffo tra samba e bossa nova siamo già diretti verso il sudamerica.
Il pubblico è incredibilmente vario tra giovanissimi e generazione Y, eppure ogni era si presenta con le sue caratteristiche. Scatenati e danzanti, i più giovani non sbagliano una parola mentre seguono Venerus con le loro voci; non si può dire lo stesso per chi cammina lentamente tra i 30 e i 40 anni: l’entusiasmo non manca di certo, il trasporto nemmeno, ma i tasti dolenti ‘voce’ o ‘testo’ vanno toccati solo con pochi e illuminati eletti. Noi – ingiusti – abituati alle frasi chiare e alle parole scandite di Manuel Agnelli o di Davide Toffolo non possiamo fare a meno di fare confronti. Noi cresciuti con i Verdena ci siamo un po’ dimenticati delle parole distorte e delle vocali a sproposito di Alberto Ferrari; e adesso ce la prendiamo con i più piccoli, come è sempre stato e sempre sarà.
Ma infondo è tutto parte del gioco, per sentirsi sia parte integrante che semplici spettatori di uno spettacolo nuovo, con un linguaggio che ci appartiene solo un po’, ma al quale abbiamo aperto la strada.
Su questa nave siamo imbarcati assieme, nella stessa classe, nella stessa cabina, e Venerus ci sta raccontando ciò che vediamo fuori dall’oblò. Andrea passa da uno strumento all’altro, da un genere all’altro, con infinita semplicità, proprio come una guida tra le sale di un museo. Lo sostiene la sua band disegnando la traiettoria con la mappa del mondo in mano. Una nuova vita per A che punto è la notte, il primo EP, e Magica Musica, l’album di esordio del 2021, che si lasciano riprodurre con piccole e grandi variazioni sul tema, incastri sorprendenti, finali inaspettati.
Può succedere, ad esempio, che Love Anthem scateni un finto blackout; può succedere anche che Venerus decida che il prologo di questo rito condiviso meriti un abito nuovo, puro, bianco e fresco, così può essere che decida di spogliarsi da ogni orpello proprio davanti agli occhi sfavillanti dei suoi compagni di viaggio. Può essere che sulla nostra nave, al largo, quando ormai non si vedono nemmeno più le luci delle coste, qualcuno senta il bisogno di confidarsi e sfogarsi. Può essere che ci si senta un po’ soli e che questo sia il contesto giusto per capire che non lo si è mai davanti alla musica.
Venerus racconta la sua storia mentre noi raccontiamo a lui la nostra, con le stesse parole, le sue, che sono le stesse che stiamo cantando anche noi (o tentando di comprendere, se abbiamo più di 30 anni). Così sentiamo tutti Andrea urlare di notte, tra le pareti del suo appartamento, perché ha scritto una nuova canzone. Vediamo le sue dita camminare sul pianoforte mentre la voce comincia a far male. E ci immaginiamo seduti su quello stesso seggiolino del piano, accanto a lui ad urlare insieme proprio come ci sta invitando a fare ora, qui.
Ti chiameremo amico, Venerus, perché ci sembra di conoscerti davvero bene dopo esserci sfogati con te a suon di soul e rilassati con un poco di reggae. Ti chiameremo amico perché non hai paura di noi, di metterti in gioco, di essere eccentrico e al di là di qualsiasi etichetta.
Le luci blu della costa tornano a vedersi in lontananza: rientriamo nella Darsena pian piano, un po’ stanchi ma felici che questo viaggio sia andato come doveva andare. Venerus ha deciso di salutarci per bene. Vuole un abbraccio prima di sparire. Due passi giù dal palco, tra gli occhi increduli dei suoi nuovi amici. Il rispetto per questa figura così poco umana – e forse troppo umana allo stesso tempo – è tale che nessuno osi muoversi mentre lo seguono solo gli sguardi attenti.
Non c’è dubbio che Venerus appartenga ad un mondo un po’ magico, non c’è dubbio nemmeno che gli capiti di sentirsi solo ed estraneo, ma è chiaro che questa sera si sia tutti su questa stessa barca immaginaria. Questa platea è così bella e rassicurante che ci sentiremo stretti nel suo abbraccio ancora per qualche giorno. Speriamo non svanisca questo incantesimo.
Ferrara Sotto Le Stelle 2022 si apre dunque così, superando le aspettative già molto alte di un pubblico in trepidante attesa. La solita boccata d’aria che trova il suo spazio ideale su questa banchina tirata a lucido. Ferrara Sotto Le Stelle sta bene qui, accanto all’acqua, cullata dalle onde.
Senza uscire dal torpore della magia di Venerus, questa sera ci spareranno nel Cosmo. Altro viaggio, altra corsa popolo sonoro!