Sabato sera ha riaperto il Teatro Comunale dopo una lunga attesa e lo ha fatto attraverso le sonorità di John Cage e le ripetizioni di Alessandro Sciarroni e del CollettivO CineticO. È stato un dolce risveglio per chi da mesi attendeva di potersi sedere nuovamente di fronte a un palco, vedere uno spettacolo e applaudire. Applaudire a lungo, quasi a voler sottolineare una rinascita, una nuova prima volta, quasi un’inaugurazione. In realtà sul palco si sono esibiti dei veterani, il CollettivO CineticO è di casa, ma sicuramente anche per loro è stata una prima volta diversa, liberatoria. Per chi fa questo lavoro, forse più che per altri, l’ultimo anno ha significato tantissime difficolta e la frustrazione di non poter fare il proprio amato lavoro.
Ad accompagnare gli spettatori verso il risveglio, verso la rinascita di questo spazio collettivo chiamato teatro, sono stati Sebastiano De Gennaro e Enrico Gabrielli con 19’40” On Cage. Venti minuti di musiche contrastanti che omaggiano il maestro dell’avanguardia musicale novecentesca. Musica che risvegliano dolcemente come l’odore del caffè mattutino ma che non dimenticano le ruvidità del secolo in cui sono state scritte. Sul palco pianoforte e xilofono con un velo trasparente che separa i musicisti dallo sfondo bianco. Ombre nere bidimensionali suonano la storia o le storie. Il velo si alza e le immagini si fanno più nitide dando spazio alla tridimensionalità, alla profondità di una scena che torna a essere un tutt’uno con la platea. La quarta parete è sfondata e forse è in quel momento che il sogno si fa realtà. Siamo a teatro, di nuovo.
Pochi minuti per il cambio palco e si riprende con gli occhi spalancati e attenti di spettatori che sono ormai usciti dal torpore iniziale per tornare nel proprio habitat. Le musiche, sempre di John Cage, sono eseguite in scena da Stefano Sardi per Dialogo terzo: in a landscape. Francesca Pennini è dietro le quinte mentre in scena troviamo Simone Arganini, Margherita Elliot, Carmine Parise, Angelo Pedroni e Teodora Grano. Un Hula Hoop sulla spalla, entrano e si muovono lentamente dando un peso sacro a ogni movimento. Ogni movimento è ripetuto e sottolineato ma mai all’unisono, si crea un dialogo tra i danzatori che si parlano attraverso i cerchi e le ellissi disegnate dall’hula hoop.
Il pubblico, in religioso silenzio, osserva. Osserva movimenti dei danzatori e quelli degli hula hoop, osserva i cerchi e le ellissi disegnate con maestria. Seduti, distanziati e con mascherina osservano movimenti ripetuti e leggeri. “C’è sempre – dice Sciarroni – qualcosa di leggero e misterioso nell’ostinazione della ripetizione, qualcosa che sembra avere un’energia opposta rispetto alla pazienza, alla fatica, e all’ostinazione dell’azione che stanno compiendo”.
Una bambina, in un sussurro che si sente in tutto il teatro, dice: “Bravi”. Applausi.